Al via in Commissione Sanità del Senato l'esame della legge sulle DAT
Caro direttore, ulteriori riflessioni sono necessarie al Senato per emendare criticità emerse dalla legge su consenso informato e disposizioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari. Nonostante il meritevole impegno di mediazione, alcuni interrogativi fondamentali rimangono. Perché 'disposizioni' e non 'dichiarazioni'? Contrattualismo tra medico e paziente o relazione di cura? Difformità tra enunciati della legge e applicazioni? Quali fondate ragioni per ritenere che le disposizioni corrispondano ad una volontà attuale? Le disposizioni anticipate di trattamento si rappresentano come estensione nel tempo di un consenso informato anticipato.
Solo ad una lettura generica le disposizioni anticipate possono essere assimilate al consenso informato. Il consenso informato è accettazione libera, cosciente, attuale, revocabile e consapevole del paziente a sottoporsi ad un atto medico. Con una informazione preliminare, adeguata e specifica, circa benefici, rischi, complicanze correlate o prevedibili. Il consenso informato origina da una comunicazione e da una relazione bilaterale, tra medico e paziente, con una scelta finale riconducibile a entrambi, avendo ciascuno dato il proprio fondamentale contributo. Si propone una uguaglianza di potere, cui fa da contraltare un’eguaglianza di responsabilità. È la sintesi di due diritti fondamentali: l’inviolabilità della libertà personale e la tutela della salute, anche come interesse della collettività. Le 'disposizioni', invece, esprimono volontà vincolanti da seguire quando non più in grado di esprimersi, in particolare sui trattamenti sanitari e la loro eventuale sospensione.
Non sono assimilabili al consenso informato perché, seppur stabilite in libertà e consapevolezza, non potranno essere mai attuali perché redatte 'ora per allora'; dovranno essere prevalentemente generiche non potendo definire lo specifico; non sono informate in quanto formulate prima dell’insorgere della patologia, senza conoscenza di circostanze e modalità; non potranno essere più revocabili in situazione di irrecuperabile incapacità di intendere e di volere. Fatto salvo l’intervento del fiduciario che, garante della volontà del disponente, ne sarà interprete fedele, auspicabilmente scevro da condizionamenti. Il consenso informato si riferisce ad un caso concreto, le disposizioni hanno invece una portata di ordine generale. Sotto il profilo sostanziale, con le disposizioni si intende tutelare la libertà ancor prima che la salute.
Sull’esigenza di informazione, propria del consenso, prevale la garanzia, caratteristica delle disposizioni, da indebite influenze o pressioni di qualsiasi natura. La legge approvata alla Camera, a fronte dell’autonomia decisionale del paziente dettata dalle disposizioni, tutelerebbe l’autonomia professionale e la responsabilità del medico che può rifiutare richieste contrarie a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali. Così impostata, al di là degli intenti del legislatore, la legge rischia di incentivare la contrattualizzazione medico-paziente a svantaggio della relazione medicopaziente. Fino ad incrementare, in alcuni casi, la medicina difensiva.
A riprova della prospettiva contrattualistica, la legge prevede che in caso di disaccordo fra medico e fiduciario ci sia l’intervento del giudice tutelare che, se rischia di burocratizzare e decontestualizzare la decisione da prendere, rimane pure difficilmente sostituibile così come è stato approvato il testo. Varie motivazioni renderebbero appropriato, pertanto, altro orizzonte etico e procedurale ricorrendo alle 'dichiarazioni' anticipate di trattamento e non alle disposizioni. Non è una semplice differenza terminologica perché, sempre nell’interesse del paziente, si rideclinerebbero in maniera più coerente i benefici dell’alleanza di cura contro i rischi della contrattualizzazione. È fondamentale, sotto il profilo biomedico ed etico, la differenza tra 'disposizione' e 'dichiarazione'. Nonostante la pianificazione condivisa delle cure riportata nella legge, si mitigherebbe la vincolatività delle disposizioni con una migliore coniugazione tra autonomia del paziente e beneficialità del medico, tra fiducia e coscienza.
Con le dichiarazioni una persona, dotata di piena capacità, esprime la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe o non desidererebbeessere sottoposta nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di disporre il proprio consenso o il proprio dissenso informato. Così espresse, rappresentano il fondamento perché l’alleanza di cura medicopaziente prosegua, con piena responsabilità dei sanitari nella presa in carico.
Senza accanimenti clinici o medicina difensiva passiva con ingiustificabili abbandoni. Le dichiarazioni anticipate di trattamento hanno un riconosciuto e consolidato fondamento: Convenzione di Oviedo, Codice di deontologia medica, Comitato Nazionale per la Bioetica, nuova Carta degli operatori sanitari. Con le dichiarazioni anticipate si tutela ugualmente il paziente da eventuali comportamenti arbitrari da parte dei medici in caso di perdita, temporanea o definitiva, della capacità di intendere e di volere; si attualizza l’assistenza, tenendo conto dei progressi della medicina e delle tecnologie purché proporzionate e non futili, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente che non perde i suoi diritti fondamentali.
*Senatore di Democrazia Solidale Commissione Igiene e Sanità
Link articolo originale Avvenire