Concorso notarile: una riflessione per il futuro
Intervista di Federnotai al giovane collega Giuseppe Salvatore Nunziata: una riflessione sul concorso notarile e la riforma di accesso alla professione.
L’impegno di Federnotai in difesa della categoria è assiduo e concreto, non soltanto per dare voce e sostegno ai professionisti di lungo corso, ma anche nei confronti dei notai più giovani, come dimostra l’attività svolta a giugno dall’Associazione, al fianco dei candidati del concorso notarile di quest’anno, quando l’emergenza Covid-19ha reso più complessa del solito la riunione della Commissione esaminatrice per l’approvazione della graduatoria del concorso.
L’impasse si è risolta rapidamente ed è di martedì la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle assegnazioni dei 108 nuovi notai nominati dal ministero della Giustizia.
Cruciale in questa occasione è stata l’azione di “intelligence” concertata in collaborazione con un giovane collega di Napoli, il notaio Giuseppe Salvatore Nunziata, assegnato (proprio l’altro ieri!) alla sede di Paderno Dugnano (Milano).
A lui, fresco di Esame di Stato, abbiamo chiesto un’opinione sul concorso notarile e sulla riforma di accesso alla professione in questa breve intervista, che vi invitiamo a leggere.
Contestualmente, gli auguriamo – ed estendiamo l’auspicio a tutti i 108 colleghe e colleghi appena nominati –un radioso futuro in questa nobile professione, sempre al fianco dei cittadini in qualità di consulenti e garanti dei loro diritti.
Notaio Nunziata, come viene percepito dai candidati notai il concorso che determina l’accesso alla professione notarile?
«È diffusa la sensazione che il concorso sia un grande punto interrogativo, la cui risposta non dipende soltanto dalla preparazione del candidato, ma anche da una serie di variabili assolutamente aleatorie, che generano preoccupazione e incertezza fra gli aspiranti notai.
Ricordo benissimo – e nei fatti ho trovato conferma a quelle parole – ciò che mi disse al nostro primo incontro il notaio presso il quale ho fatto pratica: “Ricordati che per quanto tu sarai preparato, per quanto tu potrai eccellere nel diritto, per quanto tu potrai affinare un’eccellente tecnica redazionale, non avrai mai la certezza matematica di superare il concorso“.
Quindi le ansie che aleggiano sul concorso notarile sono note e soprattutto sono strutturali: i candidati sanno – e sviluppano da subito una sorta di rassegnata accettazione – che dovranno dare tutto se stessi e prepararsi con il massimo impegno, ma che ciononostante non saranno completamente artefici del proprio successo o insuccesso.
In parte tutto questo è normale, perché in ogni concorso intervengono altre variabili non legate alla sola preparazione, quali per esempio il tempo a disposizione, la capacità di non perdere lucidità o il modus operandi della commissione, che cambia di concorso in concorso. Ma nel concorso notarile vi è anche una rilevante criticità alimentata da procedure e consuetudini che andrebbero riformate, per rendere la prova più aderente al suo scopo precipuo: ovvero quello di valutare la preparazione tecnica di un candidato a prescindere della sua resistenza psicofisica. Oggi, invece, la tenuta fisica ed emotiva dei candidati è un elemento dirimente, che può inficiare il risultato di colleghi preparati e intellettualmente all’altezza del compito per cui si candidano».
Quali sono le criticità a cui fa riferimento e in che modo “inficerebbero” il risultato finale della prova?
«Ne vedo almeno tre: la struttura delle prove di cui si compone l’esame, la logistica in sede d’esame e lamodalità con la quale i candidati svolgono le tracce proposte».
Partiamo dalla prima: in che modo sono strutturate le prove del concorso e perché questa modalità impatta così negativamente sui candidati?
«Ogni prova d’esame è costituita da tre parti teorico-pratiche, che si affrontano nell’arco di tre giorni consecutivi. Ogni prova è suddivisa in tre fasi, due pratiche – redigere l’atto e motivare le soluzioni giuridiche adottate – e una teorica – illustrare teoricamente gli istituti giuridici trattati nell’atto.
Per ciascuna prova – un atto di ultima volontà, un atto tra vivi di diritto civile e un atto tra vivi di diritto commerciale – i candidati hanno otto ore di tempo.
Il problema è che la parte teorica, svolta all’inizio in fretta e furia per non inficiare il tempo a disposizione per la redazione dell’atto e l’illustrazione delle soluzioni adottate ovvero relegata ai minuti residuali dopo la stesura dell’atto e delle relative motivazioni, viene penalizzata dalla mancanzadi tempo e di lucidità di un candidato ormai snervato dalla lunga attesa prima dell’inizio dell’esame e dall’attenzione da dedicare alle altre due fasi della prova scritta. Meriterebbe invece di essere sviluppata in un momento a sé stante».
Lei poi accennava anche a una logistica e a delle modalità di svolgimento del concorso che penalizzano la performance dei candidati. A che cosa si riferiva?
«Le modalità logistiche e di trasparenzaper lo svolgimento dell’esame impongono un vero e proprio tour de force psicofisico agli esaminandi: i candidati entrano nell’aula d’esame alle 8 del mattino e sono costretti ad attendere la dettatura della traccia per almeno 5 ore, chiusi in un ambiente angusto, scarsamente ventilato e illuminato artificialmente. Al termine di questa lunga attesa scattano le 8 ore di tempo per l’elaborazione della traccia. Quindi, complessivamente, stiamo parlando di tre giornate consecutive che vedono i candidati letteralmente segregati per 13 o 14 ore al giorno. Non è difficile immaginare quale pressione si subisca, non soltanto psicologica, ma anche fisica.
A ciò si aggiunga che gli atti, che normalmente i notai in esercizio redigono al computer, in sede d’esame debbono essere scritti a mano, con tutto ciò che ne consegue sia in termini di fluidità del pensiero e tempo di redazione (non vi è modo di correggere o modificare il testo come si farebbe con un computer, e questo limita la chiarezza espositiva del candidato), sia di leggibilità del testo (il candidato è sottoposto anche allo stress di produrre un testo in bella grafia, per consentire alla commissione di esaminare il suo lavoro senza sforzarsi per decifrarne la scrittura)».
Tutto da rifare allora?
«Non tutto ovviamente. Il concorso da notaio ha l’indubbio pregio di essere estremamente selettivo. Le maglie della rete di valutazione dei candidati sono così strette, che soltanto i più preparati riescono alla fine a superare il filtro. E questo è un elemento di garanzia – tanto per i cittadini, quanto per la stessa categoria dei notai – che deve essere conservato.
Nessuno desidera un concorso “più facile”. Al contrario auspichiamo una riforma che pur salvaguardando una rigorosa selezione della classe notarile, non cada nel paradosso di favorire un candidato preparato nel diritto e al contempo estremamente resiliente sotto il profilo psicofisico, rispetto a un candidato magari ancor più preparato, tuttavia più fragile nella sfera dell’emotività e della resistenza fisica.
L’evidenza, infatti, ci suggerisce che l’attuale concorso penalizza quei colleghi che, pur essendo estremamente preparati, talvolta più di altri, non hanno la prestanza fisica e la saldezza di nervi idonea ad affrontare una tre-giorni così faticosa.
Quello che si dovrebbe valutare di un candidato è la sua preparazione tecnica, non la sua prestanza fisica ed emotiva».
E, quindi, quali correttivi introdurrebbe per riformare il concorso da notaio nella direzione di un esame più idoneo a valutare la preparazione dei candidati, al netto di una resistenza fisica e mentale non in discussione?
«Tanto per cominciare suddividerei in modo differente la ripartizione delle prove teorico-pratiche collegate a ciascun atto, separando la fase pratica da quella teorica.
Poiché illustrare teoricamente in maniera adeguata gli istituti giuridici trattati nell’atto necessita di più tempo e di maggior freschezza mentale, ritengo che questo momento andrebbe separato dalle altre due fasi, prevedendo una giornata d’esame – quella conclusiva – da dedicare esclusivamente alla fase teorica, cosicché i candidati abbiano 8 ore di tempo da impiegare interamente per l’illustrazione approfondita degli istituti giuridici.
Questo da un lato consentirebbe al candidato di far comprendere in pieno alla commissione la propria preparazione teorica, dall’altro metterebbe il candidato nella condizione ideale nei primi due giorni di esame per illustrare il ragionamento giuridico svolto per giungere alle soluzioni adottate nella fase di redazione dell’atto. E anche questo, secondo me, consentirebbe alla commissione di selezionare i candidati migliori».
E invece in merito agli aspetti logistici dell’esame?
«Sicuramente si potrebbe intervenire sulla sede dell’esame, individuando una location più moderna e più confortevole, tenuto conto che l’attuale ambiente, privo di luce naturale e di una adeguata areazione degli ambienti, condiziona non poco le performance dei candidati.
E poi bisognerebbe intervenire anche sugli strumenti messi a disposizione dei candidati: il foglio di carta e la penna sono anacronistici. Oggi nessun notaio può fare a meno di un computer e il concorso notarile dovrebbe adeguarsi ai tempi. Naturalmente servirebbero computer privi di memoria, per garantire la massima trasparenza e la massima correttezza nell’elaborazione degli atti, ma si tratta di una soluzione che non è impossibile da adottare e che avrebbe ricadute positive non soltanto sui candidati, ma anche a vantaggiodella commissione esaminatrice, che si troverebbe facilitata nella lettura di prove d’esame finalmente prive di correzioni a penna e grafie a volte comprensibilmente poco leggibili.
Un’ultima annotazione, infine, la farei sui tempi di attesa fra l’ingresso dei candidati nell’aula dell’esame e la dettatura delle tracce. Capisco che vadano salvaguardate la trasparenza dell’esame e la sicurezza che non ci siano fughe di notizie, ma forse è un po’ semplicistico scaricare quest’onere tutto sui candidati, che già devono affrontare ore e ore di concentrazione in aula.
Forse si potrebbero individuare procedure che garantiscano il totale isolamento della commissione dal momento in cui si riunisce al momento in cui viene terminato il processo di elaborazione delle tracce, cosicché non sia più necessario lasciare i candidati per cinque o sei ore chiusi in una stanza».
Al momento, il ministero della Giustizia ha istituito un Tavolo tecnico volto a elaborare uno schema di progetto di riforma dell’accesso e dell’esercizio della professione notarile.